Caro amico,
Qui a Contrada Buonivini le cose procedono bene, sino a oggi il vento di Scirocco è stato clemente e ha concesso alla zagare dei nostri ulivi di allegare bene, confidiamo quindi in una buona produzione di olive, le vigne poi sono bellissime, rigogliose, e fanno sperare in un’annata più generosa dopo una vendemmia critica come la 2021. Rispetto agli anni passati tutto è partito in ritardo, le temperature della prima parte della primavera si sono mantenute basse è ciò ha consentito ai terreni di rimanere freschi nonostante la mancanza di piogge.
Ricordi l’ultima email che ti ho mandato, quella di aprile? Per chiudere il cerchio questa è dedicata ai nostri vini rossi, almeno i più importanti. Nello specifico voglio focalizzare l’attenzione su tre vini della vendemmia 2018, adesso in uscita.
La vendemmia precedente, la 2017, è stata soffocante, nel 2018 le viti sembravano dover recuperare ancora qualcosa ma fortunatamente l’inverno ha offerto a più riprese piogge che hanno reidratato i suoli. La primavera da metà maggio in poi è stata calda e l’estate non è stata da meno, ma qualche pioggia leggera nel mese di agosto e di settembre ha riequilibrato il tutto. Sin dai primi giorni di settembre abbiamo iniziato la raccolta delle uve di nero d’Avola, concludendo la vendemmia il 29 del mese. Tre vini che raccontano la potenza di un’annata che ha portato a vini anche freschi, con importanti strutture tanniche, cosa che ci ha permesso di imbottigliare i vini con livelli di solfiti molto bassi, nessuno di essi supera infatti i 20 mg/lt.
Il Rosso di Contrada è il nostro vino più rappresentativo, identifica l’espressione della nostra collina in Contrada Buonivini, ed è ottenuto da quattro parcelle, per un totale di 13,5 ettari. Nel 2018 abbiamo prodotto più uva rispetto al 2017, mantenendo comunque una quantità bassa se paragonata alla media delle vendemmie precedenti: la produzione si è attestata mediamente sui 40 quintali per ettaro (27 ettolitri/ettaro, circa 3.500 bottiglie/ettaro). Le uve, tutte di nero d’Avola, provengono da vigneti coltivati a spalliera (vigne Conca e Lenza Lunga) e vigneti ad alberello (vigne Coniglio e Parrino), con esposizioni a est e a nord da suoli diversi tra loro, tutti quelli che caratterizzano la nostra collina. Ogni appezzamento è stato vinificato separatamente al fine di mantenere l’espressione tipica della parcella, le fermentazioni sono state sempre spontanee e le macerazioni a contatto con le bucce sono durate circa due settimane. Concluse le fermentazioni alcolica e malolattica i vini hanno continuato la loro maturazione in vasca di acciaio. Le singole vasche divise per parcelle sono state assemblate in un’unica massa prima dell’imbottigliamento, per poi seguire un lungo affinamento in bottiglia.
Il Rosso di Contrada 2018 si presenta concentrato nei profumi, fruttati, di macchia mediterranea e di fiori appassiti. Il sorso è contraddistinto da tannini ben espressi, integrati a una piacevole freschezza.
Il Parrino è un vino ottenuto dalla selezione di una singola vigna, prende il nome dalla collina dove è situato il vigneto Cozzu Parrino, ovvero “testa del prete”. Questo vigneto di nero d’Avola è il più a sud dei nostri appezzamenti come latitudine, esposto a nord e quindi protetto dal vento caldo di Scirocco. Coltivato ad alberello, innestato in campo con selezione massale, è un vigneto che si estende per quattro ettari con una cromaticità di terreno che va dal bianco calcareo al nero alluvionale sino all’argilla gialla. Nelle varie vendemmie ho sempre riscontrato in questo singolo appezzamento una marcia in più: è vino che mantiene tensione, eleganza e profondità anche dopo anni dalla vendemmia. Le uve sono sempre leggere, povere in succo ma ben concentrate in sapori e acidità, vengono fermentate spontaneamente in acciaio dove sostano per circa quindici giorni a contatto con le bucce. La maturazione del vino avviene in vasche di acciaio e dopo l’imbottigliamento segue un lungo affinamento in bottiglia. Da questo vigneto si ottengono vini equilibrati in freschezza e morbidezza, molto eleganti in evoluzione.
Il 2018, nello specifico, è ricco di note calde senza eccessi, in piacevole equilibrio. Il sorso ha una buona presenza tannica ancora più accentuata da una vibrante e succosa freschezza.
L’Archimede è stato il nostro primo vino, prodotto per la prima volta nel lontano 2002 dall’unico vigneto che non abbiamo piantato noi. Un appezzamento che si estende per un ettaro e mezzo, con viti di circa cinquant’anni allevate ad alberello (col vecchio, strettissimo, sesto d’impianto di 1,25 m x 1,25 m, lo possiamo lavorare solo a mano e con motozappa). Il suolo è calcareo, la vigna ha una leggera esposizione a sud e un’altitudine di soli 30 metri sul livello del mare. L’alta densità e l’età delle viti limitano molto la produzione di questo storico appezzamento, che ha quindi una resa molto bassa: negli ultimi anni si è attestata intorno ai 17 ettolitri (circa 2.000 bottiglie/ettaro). L’Archimede 2018 è stata vendemmiato il 18 settembre e il mosto ha fermentato spontaneamente per due settimane a contatto con le bucce. Una volta svinato il vino ha maturato in barrique di ciliegio selvatico per circa un anno, dopo l’imbottigliamento è seguito un lungo affinamento in bottiglia, credo infatti che il tempo possa solo giovare a questo vino.
Un rosso che necessita di qualche minuto dopo l’apertura per evolvere in tutta la sua potenza fruttata e speziata, contornata da sfumature a tratti agrumate. Il sorso è pieno, gustoso e fresco, con un tannino molto lungo e presente.
Un’annotazione, per chiudere. La vendemmia 2018 segna la fine di un percorso interpretativo di vinificazione dei vini rossi focalizzato su estrazione, potenza e freschezza. Nelle vendemmie che seguono è cambiata leggermente la stilistica, al fine di seguire un approccio meno estrattivo, più delicato e calibrato senza mai perdere l’identità di territorio. Il mio percorso come vignaiolo è in continua evoluzione, il confronto con altri produttori e l’esperienza delle vendemmie stanno via via delineando un’idea di vino fondata sulla leggerezza e sulla profondità senza mai rinunciare alla materia che offre questo territorio.
Come forse ricordi la mia avventura nel mondo del vino inizia nel 2008, da allora sto vivendo un percorso formativo in continua evoluzione, sempre focalizzato sul nero d’Avola senza dimenticare il moscato di Noto e le sue tante possibili interpretazioni, ma di questo parleremo nelle prossime newsletter.
Grazie, buona estate,
Pierpaolo Messina